Né tutto bianco né tutto nero


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da una sfilata di Giles


Pubblico qui il testo completo dell'articolo Nè tutto bianco nè tutto nero. Ma è tutto op? con cui l'estate scorsa ho partecipato al contest "Vogue Themes" organizzato dal sito vogue.it.
L'articolo è tratto dalla mia tesi di laurea e chi mi conosce sa quanto questi argomenti mi interessino!
Spero vi piaccia!




Al giorno d’oggi è evidente come i “tempi della moda” non siano lineari, ma caratterizzati da una circolarità, da ritorni di tendenze spesso riprese, citate e rielaborate: ecco dunque il revival, fenomeno assai attuale che indossa talvolta la lettera scarlatta, segno di un’industria cui sembra mancare non tanto l’ispirazione quanto una visione chiara del suo divenire.
Il ritorno al passato dunque come ancora di salvataggio? Forse. Ma non solo. Nell’arte come nella moda, sono frequenti simili “ritorni”, com’è ora per i Sixties, celebrati sia per il  messaggio di spensieratezza che seppero incarnare, sia per una visione proiettata nel futuro ancora oggi valida, ancora oggi inseguita. Quasi che in un periodo di incertezza globale un tuffo nel passato possa essere la miglior via per lanciarsi verso il domani. Ed ecco che da qualche anno, con una ciclicità che rasenta la puntualità, proposte “Op” si rincorrono sulle passerelle di tutto il mondo, con una ripresa di elementi lessicali e decorativi certamente incentivata da cinema, TV e iniziative dedicate a un decennio che lascia ancora il segno.
Eppure non è raro che l’“Op style” divenga unicamente sinonimo di “bianco&nero”, di accostamenti e fantasie a cui pochi riconoscono riferimenti precisi e persino scientifici. Erano i primi anni Sessanta e giovani artisti di tutto il mondo si interrogavano sul fenomeno della visione e sul futuro, con un approccio alla realtà – curioso e allo stesso tempo metodico – che esulava dal perbenismo e dall’ottica meramente pragmatica di quei tempi. Intravedevano nell’occhio lo strumento per una “visione altra” dell’arte e della vita; dalle loro riflessioni nascevano le composizioni ottico-cinetiche, espressioni assai personali – perché ognuno prediligeva mezzi di espressione, di ricerca e di lavoro diversi – di una riflessione comune estendibile al quotidiano: non di sola arte si parlava, ma di design, di arredamento, di urbanistica. Si parlava anche di moda? Forse in principio no, ma le potenzialità creative delle loro ricerche non rimasero latenti a lungo. Fu così per l’incontro tra Germana Marucelli, sarta e creatrice di moda toscana, famosa per le sue collaborazioni con artisti e letterati, e Getulio Alviani, giovane operatore visivo dal carattere assai sperimentale. Dalla loro collaborazione nacquero vestiti concepiti come opere da indossare, in cui le grafiche del giovane friulano trasferite su stoffa si distorcevano e prendevano vita a ogni movimento. 



Getulio Alviani - Abito Positivo-negativo 1964


I loro risultati contribuirono alla diffusione di una “moda Op” declinata in infinite proposte, ma lo stile era nell’aria, tanto che anche in Francia, Inghilterra e U.S.A. fioccavano abiti e accessori in nome di quell’arte così diversa, così nuova e, sì, anche colorata. Perché non solo di “bianco&nero” si parlava. Ma non era tanto una questione di colori, quanto di come accostare quei colori e i due “non colori” per eccellenza. Così almeno per l’arte. La moda, come spesso succede alle mode, riprese poi il tutto in nome di un decorativismo giovane e sfizioso, che in poco tempo infiammò le strade di tutto il mondo.

E oggi? Oggi rimane da chiedersi quanto sia consapevole il Sixties’ revival, poiché spesso si perde la cognizione di come lo “stile ottico” fosse sostenuto da premesse scientifiche e artistiche. Non è raro che il termine “optical” smarrisca le sue radici nel momento in cui arrivi a indicare il semplice abbinamento di capi bianchi ad accessori neri e viceversa e tutto si riduca alla creazione di un’etichetta commerciale, storicamente nobilitata proprio dalle sue “lontane” origini nel mondo dell’arte.


Giorgio Armani f.w. 2006-07


Non ce ne accorgiamo, ma i risultati delle ricerche di quegli anni sono ormai d’uso quotidiano: certamente si è realizzato l’obiettivo degli artisti visuali che predicevano e predicavano un’arte estesa a 360 gradi, ma sarebbe bello “vedere” che non tutto il “bianco&nero” è “optical”. Come, del resto, l’“Op” non è stato, e non è, solo “bianco&nero”.


I posted here the complete text of the article Nor all white or all black. But everything is Op?, with which last summer I participated in the contest "Vogue Themes" organized by vogue.it site.

The article is excerpted from my dissertation and who knows me knows how much thesetopics interest me!

I hope you enjoyed!


text by Alice Brutti
pics from www.style.it, www.gruppo78.it

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